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elezioni provinciali 27 ottobre 2013


Trento, 13 settembre 2013
Trentino: un’agenda per i prossimi anni
Economia, urge conversione ecologica

di Giorgio Viganò, Candidato con «Ecologisti e civici - Verdi europei»
da l’Adige di venerdì 13 settembre 2013

Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa, ma se non l’hai fatto, il momento migliore è adesso».

Ho trovato questo antico proverbio nelle pagine di «Economia con l’anima», un libro molto stimolante di Luigino Bruni, un economista che leggo sempre con grande interesse e immenso beneficio. Mi sembra che il proverbio si addica alla perfezione ai tempi che stiamo vivendo, gravidi di grandi preoccupazioni per le minacce alla giustizia, alla pace, alla salvaguardia della natura, di fronte alle quali non è più possibile tentennare.

La crescente disuguaglianza sociale a livello globale, il fronte caldissimo della Siria e di altri conflitti purtroppo dimenticati, i cambiamenti climatici in atto sono questioni e sfide che non possono passare inosservate nel cammino di avvicinamento all’appuntamento elettorale del prossimo 27 ottobre, perché anche una piccola terra come il Trentino Alto Adige non sfugge alle dinamiche di una globalizzazione sempre più invasiva.

In questi cinque anni di assenza dall’impegno diretto in politica ho continuato a coltivare la mia passione per i testi di autori famosi (alcuni dei quali ospiti in questi anni nelle varie edizioni del Festival dell’economia) e autori meno noti. Con le mie limitate capacità mi sono sforzato di popolarizzare alcuni nodi cruciali e contradditori di questa globalizzazione selvaggia dalle pagine di Vita Trentina e dall’umile rivista della Cooperativa dove lavoro da oltre tre anni.

Le letture impegnate e il contatto quotidiano al Punto d’Incontro di Trento con tante persone, italiane e straniere, messe in ginocchio da questa crisi epocale, mi rafforzano nella convinzione che è urgente battere due sentieri innanzitutto: una profonda conversione ecologica dell’economia e della vita, in risposta all’insostenibilità del nostro modello di sviluppo e un nuovo patto sociale per invertire la vergognosa concentrazione di ricchezza nelle mani di una ristretta élite globale (c’è chi parla di 10 milioni di plutocrati che decidono della vita e della morte di sette miliardi di persone). Sul fronte della conversione ecologica l’appello più vibrante ci arriva dai giovani, che alla recente GMG di Rio de Janeiro hanno proposto il manifesto «Il futuro a misura d’uomo che vogliamo», nel quale richiamano sinteticamente i dati inoppugnabili dell’IPCC sui cambiamenti climatici e invocano dai governanti di tutto il mondo misure adeguate e tempestive e ai mass-media di farsi parte attiva nella formazione di una coscienza veramente ecologica.

Sul fronte della riconciliazione sociale è necessario mettere a fuoco la radice di questa Grande Crisi: Luciano Gallino, noto sociologo, si sofferma sulla megamacchina del «finanzcapitalismo», manifestazione ultima di un impero ormai senza confini; Joseph Stiglitz pone l’accento sul «fondamentalismo di mercato» e Papa Francesco, in un discorso ad alcuni ambasciatori, arriva a definirla «una nuova tirannia invisibile».

L’autore del libro dell’Apocalisse non avrebbe dubbi nel riconoscervi oggi «la grande bestia con dieci corna e sette teste che sale dal mare». Lo stesso Gallino, nel suo libro «Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi», ha un passaggio molto illuminante sulle straordinarie capacità di questo raffinato sistema che, non dimentichiamolo, è stato salvato dai governi dopo la crisi dei mutui subprime del 2007 con stratosferiche iniezioni di denaro pubblico: «Nel 2010 il finanzcapitalismo ha disvelato il suo ultimo capolavoro: rappresentare il crescente debito pubblico degli stati non come l’effetto di lungo periodo delle sue proprie sregolatezze e dei suoi vizi strutturali, largamente sostenuti e incentivati dalla politica, bensì come l’effetto di condizioni di lavoro e di uno stato sociale eccessivamente generosi» (pag.290).

Dopo i danni in termini di disoccupazione e dilagante povertà, anche la beffa di farci sentire in colpa!

Qualcuno penserà che questi sono discorsi sui massimi sistemi che poco hanno a che fare con una piccola comunità alpina come la nostra. Le recenti vicende della Whirlpool o quelle meno note di Subaru e InterEurope, giusto per citarne alcune, ci illuminano sulle strategie tanto care al finanzcapitalismo: disinvestire dalle attività produttive per soddisfare le attese degli azionisti con più remunerativi e spericolati investimenti sui derivati, che Warren Buffet, un americano tra i più ricchi al mondo, ha definito «armi di distruzione di massa».

Oppure pensiamo al percorso ad ostacoli che attende i nostri figli quando decidono di entrare nel mondo del lavoro. Per tornare al proverbio citato in apertura, è opportuno ricordare che tante persone e realtà istituzionali e della società civile in questi ultimi decenni hanno ripetutamente «piantato alberi» di convivenza, solidarietà, sostenibilità… ma il sistema imperante finora è riuscito a mantenerli alle dimensioni di «bonsai», belli magari da vedere, ma per nulla ingombranti. Si pensi solo alle occasioni sprecate del Vertice della Terra di Rio de Janeiro nel 1992, con la famosa «Agenda 21» e del successivo Protocollo di Kyoto del 1997 per quanto concerne la sfida ecologica; oppure alla colpevole latitanza della politica, nonostante campagne e pressioni internazionali, nel regolare i mercati finanziari con la semplice introduzione di una minima tassa sulle transazioni, che il Nobel dell’economia James Tobin aveva proposto già nel 1972, quando la complessità dei prodotti su cui speculare era nulla al confronto di oggi.

Pochi giorni fa Paolo Rosà, da queste stesse pagine, ci ha ricordato che la nostra impronta ecologica eccede del doppio la capacità del nostro territorio di rigenerarsi. «Desde abajo hacia arriba», come dicono in Spagna, arrivano segnali, proposte e buone pratiche che non possono più essere ignorate. L’elenco è lungo: a titolo esemplificativo penso all’economia civile, di comunione, al commercio equo, ai gruppi di acquisto solidale (GAS), al consumo critico e responsabile, alla fiera «Fa’ la cosa giusta», alla campagna «Bilanci di giustizia», alla finanza etica, ecc. È solo utopia pensare a una politica che valorizzi tutte queste esperienze per fare del Trentino un distretto all’avanguardia a livello europeo nella sostenibilità sociale ed ecologica? Io credo che ne abbiamo le risorse, sia per storia che per visione. Ambizione degli «Ecologisti e civici – Verdi europei», impegnati da alcuni anni in un percorso di profondo rinnovamento (vedi: www.verdideltrentino.it) è quella di dare voce a queste istanze, ed è pure, in definitiva, il senso della mia candidatura.

Giorgio Viganò
Candidato con «Ecologisti e civici - Verdi europei»

 

 

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